Presso la Casa Victor Hugo dell’Avana Vecchia è stata inaugurata ieri la mostra dedicata a George Brassens nel trentesimo anniversario della sua scomparsa. Dopo la presentazione della mostra ed il rinfresco si è potuto visitare la mostra con pannelli ed audiovisivi che raccontano la vita del chansonnier francese che è stato il maestro di molti cantautori che in ogni angolo del mondo hanno fatto la storia della canzone d’autore. Persona colta e riservata ma soprattutto libera, Brassens è stato sicuramente il primo ed il più pungente accusatore della modernità infarcita di ipocrisia, falsi valori e ingiustizie sociali. La sua esistenza è stata una testimonianza efficace, anche se alla fine perdente, dell’insostenibilità del sistema sociale che produce decadenza morale e assenza dei valori umani indispensabili per la sopravvivenza dell’umanità. La critica di Brassens, ironica e spietata, non risparmia nessuno, salva solo gli ultimi, gli sconfitti e gli umili. La sua figura, ostinatamente oscurata dai media e dallo star-sistem che hanno come unico obiettivo il profitto, continua a sopravvivere ai tempi ed alla deriva qualunquistica, sopravvive ai suoi detrattori che ovviamente l’hanno accusato di tutto e la sua opera continua ad essere fonte di studio da parte di quegli artisti che ancora intendono l’arte come liberazione da tutte le tirannie, soprattutto la più atroce, quella del capitale che distrugge tutto e tutti.
Come sottofondo a questo importante appuntamento, le canzoni di Brassens. Cantate da lui e dai tanti artisti che hanno tradotto la sua opera in tutte le lingue, compreso l’italiano che ha visto in Fabrizio de Andrè e Beppe Chierici i suoi più ostinati sostenitori, fino al dialetto milanese che l’ottimo Nanni Svampa ha utilizzato in maniera straordinaria per cantare molte delle canzoni dell’anarchico francese. Non so se qualcuno dei presenti si è reso conto che Brassens era cantato in milanese, però sicuramente i brani cantati dall’ex Gufo hanno attirato l’attenzione di tutti i presenti.
Con questo omaggio al più illustre degli chansonnier, la capitale cubana ha dimostrato una volta di più che la memoria è un’arma imprescindibile per non farsi travolgere dal bombardamento mediatico vile e meschino a cui veniamo sottoposti in questi tempi tristi e bui. Anche per questo mi unisco al coro di chi continua ad ascoltare Brassens e quelli come lui che mai hanno perduto la bussola:
Vive Brassens!
Vive l’Anarchie!
Nessun commento:
Posta un commento