sabato 28 settembre 2013

TONY AVILA IN CONCERTO

Il cantautore Tony Avila ha scelto lo scenario del giardino della Casa del Alba Cultural per un concerto dedicato ai 5 cubani imprigionati negli Stati Uniti. Un lungo applauso del numeroso pubblico presente ha sottolineato l’entrata di Renè Gonzales, l’unico dei 5 ritornato alla sua patria dopo 15 anni di reclusione nelle prigioni dell’Impero. Renè era accompagnato dalla moglie e da Ricardo Alarcòn de Quesada, l’ex Presidente del Parlamento cubano che da quando ha lasciato l’incarico per limiti di età si dedica con passione alla causa dei 5 agenti cubani infiltrati nelle organizzazioni terroristiche della mafia cubana di Miami che ha messo in atto un infinito numero di azioni terrositiche contro il paese caraibico causando tra l’altro la morte di Fabio Di Celmo, un giovane italiano in visita all’Avana. Ovviamente nessuno dei governi italiani si è degnato di chiedere l’estradizione dei responsabili del criminale attenttato che mise fine all’esistenza del giovne Fabio, responsabili che girano liberi ed indisturbati per le starde di Miami vantandosi delle loro “azioni eroiche” mentre gli agenti cubani che hanno scoperto e denunciato le organizzazioni criminali si trovano condannati a lunghe pene detentive, ergastoli compresi. La codardia dei nostri governanti si è manifestata una volta di più e si sono come al solito messi in ginocchio di fronte all’arroganza del paese più criminale della storia dell’umanità. Il concerto di Tony Avila e del gruppo che lo accampagnava è stato un susseguirsi dei successi che raccontano l’opera del trovador di colore che sa adattare ai suoi testi gli eventi che caratterizzano la vita quotidiana dei cubani di oggi, con le loro speranze, i loro successi, le loro delusioni e soprattutto la loro ineguagliabile capacità di ironizzare sui propri problemi. Di tutti i cantautori cubani Tony Avila è sicuramente il più abile interprete della cubania dei nostri tempi e la sua vena ironica divertente ed allo stesso tempo impegnata e seria, fa sorridere ed obbliga a pensare. Il suo infinito amore per la gente e per la sua patria si esprime nei ritmi musicali che pescano nella tradizione popolare e si adattano perfettamente ai testi intelligenti e divertenti che mettono il dito sulle questioni attualmente dibattute all’interno della cultura popolare cubana. Pezzi memorabili come Timbirichi, Balsero, Hay cambios que mi casa necesita, Regalao e La Choza de Chicha y Chacho sono brani che fanno ormai parte della discografia popolare cubana. L’affetto dei cubani verso il simpatico ed intelligente trovador si è manifestato una volta di più nel giardino della Casa dell’Alba, luogo perfetto per significare l’incontro tra artisti e loro appassionati.

CERCANDO L’AVANA

CERCANDO L’AVANA A pochi metri della Bodeguita del Medio, il famoso bar-ristorante reso noto da Hemingway, ha sede la Fondazione Carpentier che tra gli altri meriti ha quello di promuovere il ciclo di confereze “Cercando l’Avana”. Martedì 24 settembre il Professor Pablo Rodriguez Ruiz ha condotto l’incontro “Barrios Adentro, dinamiche quotidiane” affrontando il tema della vita quotiana nelle situazioni più critiche della realtà avanera. Dopo una interessante presentazione delle targhe antiche che ancora adornano molti palazzi del Centro Storico dell’Avana, Indira Montes Guevara, dell’Istituto Cubano di Antropologia, ha affrontato il tema “Le Religioni di provenienza africana e la città”. Come tutti sanno la “Santeria” è molto diffusa tra la popolazione cubana di colore, in particolare le strade dell’Habana Vieja sono impregnate di religiosità, cartomanti, muñecas (bambole), yerberos e altri simboli della credenza popolare. Tutto questa da un’impronta caratteristica al Centro Storico della città ed essendo La Habana la più tollerante tra le grandi capitali, questa presenza viene accettata senza particolari problemi. Più problematico per gli adepti a queste religioni arcaiche, risulta la necessià di trovare spazi adatti alle loro cerimonie, in alcuni luoghi come i cimiteri spesso si incontrano tracce di tali pratiche, specialmente cerimonie di iniziazione, ma molte di queste vengono eseguite in periferia, in riva al mare o sui fiumi, coinvolgendo così anche la campagna che circonda la città. Il pannello “Rifornimendi di acqua, soluzioni alternative” è stato condotto da Soledad Sotolongo Sànchez che ha illustrato come il rifornimento di acqua negli edifici più problematici del Centro Storico si svolge in diverse maniere, il primo è nella forma tradizionale dove l’acquedotto alimenta i serbatoi posti sul tetto degli edifici, dove ciò non è possibile per mancanza delle necessarie strutturi idriche, si ricorre alla “pipa” dove l’acqua viene fornita da autocisterne municipali che riempiono i contenitori. Altro sistema è quello di ricorrere agli “Aguateros” che vendono acqua illegalmente. Per le situazioni più difficili si ricorre ai “Ladròn de agua” che altro non sono che venditori di acqua che muniti di pompe di sollevamento prelevano il prezioso liquido dall’acquedotto e lo sollevano con un tubo di gomma fino ai tetti degli edifici dove sono collocati i serbatoi dei vari appartamenti. La lenta ma inesorabile opera di recupero del Centro Storico sta poco a poco risolvendo tutte le difficoltà che ora vengono aggirate dal ben conosciuto “invento” cubano che in una maniera o l’altra risolve qualsisi problematica. Alla fine dell’incontro è stato proiettato l’interessantissimo documentario “Cercando l’Avana, insediamenti illegali” di Alina Rodriguez che ha affrontato il tema degli insediamenti illegali che, anche se non con con la gravità emergenziale che caratterizza le altre capitali del mondo, anche qui sono presenti. Il fenomeno riguarda l’immigrazione verso la capitale di famiglie provenienti dalle altre provincie, soprattutto quelle orientali, queste persone occupano edifici abbandonati o costruiscono abitazioni improvvisate in zone poco accessibili per sfuggire al controllo degli organismi preposti al controllo. Altra caratteristica che qui a Cuba distingue il fenomeno rispetto ad altre ben più critiche realtà, è il fatto che queste persone non vengono definite illegali ma semplicemente “indocumentate”, cioè non in possesso dei necessari documenti per risiedere nelle abitazioni che occupano. Malgrado questo quasi tutti sono in possesso di regolari contratti per la fornitura di acqua ed energia elettrica e, salvo situazioni che possano generare criminalità, le istituzioni non intervengono mai con la forza e si cerca sempre di trovare soluzioni che portino alla legalizzazione degli insediamenti o a mettere a disposizione residenze legali. Dalle interviste ad alcuni di questi cittadini che cercano nella “capitale di tutti i cubani” il loro posto al sole, si apprende come essi siano molto legati alla Revoluciòn ed ai suoi valori e rivendichino il loro diritto a poter vivere e lavorare nel luogo che hanno scelto. Contrariamente a quanto avviene nel resto del mondo dominato dal’uso della forza e dal capitale, gli ideali socialisti, umanitari e tesi a soluzionare pacificamente le questioni, portano sempre al dialogo ed alla tolleranza che permettono di ottenere soluzioni pacifiche anche se spesso a causa della mancanza di risorse richiedono molto tempo e l’attesa può essere estenuante.

venerdì 27 settembre 2013

RICORDANDO NERUDA

Ieri 24 novembre presso la Sala Nicolàs Guillen della UNEAC (Uniòn Escritores y Artistas de Cuba) alcuni rappresentanti della letteratura cubana hanno ricordato il poeta cileno Pablo Neruda in occasione del quarantesimo anniversario della sua scomparsa. Il Vicepresidente della UNEAC ne ha ricordato la figura sottolineando il forte legame che univa il grande poeta alla sinistra internazionale ed in particolare alla Rivoluzione cubana. La poetessa Aitana Alberti, figlia dell’indimenticabile Rafael Alberti, ha ricordato l’impegno di Neruda a sostegno della lotta antifranchista ed il forte legame che univa suo padre e Pablo Neruda, leggendo una poesia che il poeta spagnalo scrisse in onore all’amico cileno. Aitana Alberti ha terminato il suo intervento leggendo alcune sue poesie e raccontando aneddotti sull’amiciazia che univa i due grandi poeti. La chiusura dell’incontro è toccata a Cèsar Lòpez, già insignito del Premio Nazionale di Letteratura, che ha letto le rime di alcune opere dedicate da Neruda a Cuba ed in particolare al Comandante Fedel Castro. Alcuni attori presenti in sala hanno infine omaggiato Pablo Neruda recitando alcune delle poesie che fanno parte dell’immensa opera che Neruda ha lasciato in eredità a tutti gli abitanti del nostro sciagurato pianeta che oggi come forse non mai si trova a dover soffrire l’aggressione reazionaria dei potenti che impongono il loro volere in ogni angolo del pianeta. Mai come ora è necessario non perdere la speranza, non arrendersi e riannodare le fila dei resistenti che si oppongono al massacro economico e culturale in atto. In questo la poesia ha una voce importante in capitolo, una voce che non può essere spenta come sembra che sia stata spenta quella di Pablo Neruda, compagno ed amico di tutti coloro che lottano per un mondo migliore.

giovedì 26 settembre 2013

TENDENZE DELLA LETTERATURA GIOVANE CUBANA

Giovedì 19 settembre presso la Sala Garcia Lorca del Centro Cultural Dulce Maria Loynaz si è svolto l’abituale spazio di riflessione e dibattito “Ciclos en Movimiento” creato per affrontare i temi essenziali della cultura cubana. Il tema dibattuto in questa occasione riguardava le attuali tendenza della letteratura giovane cubana e gli invitati al dibattito condotto da Jesùs David Curbelo, sono stati gli scrittori Antonio Armentero, Alberto Edel Morales, Rafael Grillo, Yansy Sànchèz e Yanelys Encinosa. Ognuno degli invitati ha esposto il proprio punto di vista sulle questioni che si trovano ad affrontare le nuove generazioni di scrittori, esposizioni tutte ben argomentate, corrette, irreprensibili ma carenti dal punto di vista della critica, infatti mancavano al tavolo proprio i critici letterari, quelli che leggono le opere e le qualificano più o meno benevolmente. Questa assenza è stata fatta subito notare dal competente pubblico in sala durante il dibattito che si è rivelato molto interessante ed ha portato a galla i conflitti tra generazioni di scrittori, tra impegno politico e disimpegno, arte di scrivere ed interessi economici. Si è poi finito per affrontare un argomento molto dibattuta nella cultura cubana di questi tempi, quello dell’uso di parole volgari che si sta sempre più diffondendo. La chiosa all’argomento l’ha data uno scrittore presente in sala che ha ricordato a tutti che non è questione di parole buone o cattive ma dell’uso, buono o cattivo, che di qualsiasi parola se ne fa. Non credo di avere le necessarie competenze per giudicare lo stato attuale della letteratura cubana, penso però che sia in buone mani, quelle immense della cultura che qui a Cuba continua a formare e fornire strumenti invidiabili.

ECONOMIA CUBANA, NUOVE REGOLE DEL GIOCO

“Economia cubana, nuove regole del gioco” è l’argomento trattato lo scorso mercoledì 18 settembre presso la sede nazionale dell’Associazione Hermanos Saìz nell’abituale spazio del Pabellòn Cuba sulla Rampa havanera. Il professore universitario Oscàr Fernandez Estrada, il giornalista Ariel Terrero e l’economista Juan Triana, hanno illustrato ai numerosissimi presenti le prospettive, i successi ed i ritardi del processo di trasformazione dell’economia cubana, quello che viene chiamato “actualizzaciòn del modelo economico”. Juan Triana in particolar modo si è soffermato sulla necessità di assecondare i cambiamenti in atto come necessità irrinunciabile per il proseguimento dell’esperienza socialista cubana che vede lo sviluppo dell’economia come un traguardo prioritario per soddisfare la domanda di benessere della famiglia cubana. La situazione socio-economica cubana vede la soddisfazione della famiglia posta ad un livello ben più alto rispetto agli altri paesi latinoamericani, infatti l’economista cubano ritiene che se per una famiglia boliviana la soddisfazione può essere raggiunta quando si riesce a mandare il figlio a scuola, per quella cubana questa necessità è stata assicurata dalla Revoluciòn da almeno 40 anni. Lo stesso esempio vale riguardo ad una famiglia del Salvador che si sente soddisfatta se due o almeno uno di tre figli riesce a raggiungere l’età adulta, obiettivo che a Cuba è stato garantito fin dagli albori della Revoluciòn. La famiglia cubana, esente da preoccupazioni riguardo beni primari come la casa, lo studio, la medicina, la cultura, l’acqua e l’energia elettrica, vede l’asticella che delimita il livello di soddisfazione posta ad un livello ben più alto, molto vicino a quello dei paesi sviluppati. D’accordo con l’illustre economista, credo anch’io che l’autobus che passa vicino a casa ad intervalli brevi, una migliore manutenzione delle strade, un salario che permetta di acquistare il pane ma anche le rose, un migliore funzionamento delle strutture burocratiche spesso lente e farraginose, insieme all’eliminazione dell’enorme quantità di funzionari che non “funzionano”, siano le mete che le famiglie cubane si aspettano per continuare a sentirsi protette dalle conquiste della Revoluciòn. Il dibattito con il pubblico in sala che è seguito alle relazioni dei tre specialisti è stato, come sempre succede a Cuba, molto vivo ed interessante, oltre che segnato da quell’esclusiva capacità che hanno i cubani di ridere di se stessi e dei propri problemi, come nell’intervento di un produttore agricolo che ironizzava sul fatto di produrre ciliegie che non può vendere perché nessuno ha stabilito il prezzo di un prodotto che qui è ancora raro. Oppure quell’altro signore che ha risposto ad un intervenuto che lamentava la mancanza di lotta di classe, dicendo che in cambio qui a Cuba abbiamo una “clase de lucha”. Un capitolo che a mio parere non è stato debitamente affrontato e che denota che spesso a Cuba si guarda con superficialità ed ingenuità a quello che suppostamene c’è oltre il mare, riguarda la questione del basso salario. Ad un giovane presente che ha posto il problema lamentando che da qualche anno si parla di cambi nell’economia però i salari continuano ad essere ridicoli, uno dei relatori ha risposto portando l’esempio della Cina dove il cambio del modello economico è iniziato nel 1978 ma i primi cambiamenti significativi sono iniziati ben dieci anni più tardi dopo dibattiti, accorgimenti e correzioni che hanno permesso di trovare la via giusta. Questa risposta a mio parere è corretta però incompleta in quanto non si è analizzato a dovere il concetto di salario ridicolo, che in effetti lo è ma non in assoluto come si pensa e come la propaganda anticubana vuole far credere. Sul fatto che un salario medio che ora si aggira intorno ai 500 pesos al netto degli incentivi che spesso lo raddoppiano, sia da ritenere nettamente insufficiente a soddisfare i bisogni dei cittadini, è più che vero, ma è altrettanto vero che lo sono pure i salari di tutti gli altri paesi dell’area, ed in questi tempi di crisi anche dei paesi economicamente sviluppati. A testimoniarlo sta una ricerca della CIA, resa nota da un documento segreto che tale non è più in quanto carpito dagli archivi dell’intelligence americana, che per i suoi scopi strategici di rimettere sotto il proprio controllo i paesi latinoamericani che gli stanno sfuggendo di mano, ha effettuato una ricerca per valutare l’effettivo stato di benessere di quelle popolazioni. Con estrema sorpresa da quel documento si apprende che Cuba risulta essere seconda solo al Brasile in grande sviluppo economico, in quando ad “ingresso” pro-capite. Proprio nel fatto che la CIA abbia indagato sull’ingresso anziché sul salario, sta il segreto della ricerca che infatti non considera il salario attendibile per conoscere il livello di soddisfazione economica della popolazione. L’importo del salario è solo una componente molto relativa in quanto non quantifica la quantità di servizi ricevuti ma spesso viene pure profondamente stravolta dall’aggressione impositiva e dall’alto costo dei servizi di cui il cittadino necessita. Per esempio da noi il salario quasi mai è sufficiente a soddisfare le necessità, ogni acquisto è sottoposto a tasse di ogni tipo, i sevizi come la casa, il gas, la luce, l’acqua, la spazzatura, i trasporti, l’alimentazione, la scuola , la salute, l’accesso alla cultura, ecc. hanno costi proibitivi per coloro che sono costretti a vivere con le sole risorse di uno stipendio e l’aggressione verso il salario diventa sempre più pesante con imposizioni di multe salatissime per ogni minima infrazione, pagamento di bolli e diritti sempre più elevati, interessi bancari altissimi e tassazione dei risparmi, necessità di ricorrere a costose consulenze per qualsiasi pratica e balzelli sempre più esosi da parte di costosissimi organismi burocratici istituzionali che si moltiplicano a dismisura come Comuni, Province, Regioni, etc. Per tutti questi motivi la ricerca della CIA si è basata sulle entrate effettive dei cittadini valutando il costo della scuola, di un corso universitario, della sanità, dei beni primari quali la casa, l’acqua, la luce, il gas e l’accesso alla cultura come allo sport ed allo svago. Visto che tutti questi sevizi a Cuba sono gratuiti o fortemente sussidiati, si spiega facilmente come il salario ridicolo in effetti sia meno ridicolo di quanto si pensi, o ci fanno pensare. Purtroppo l’enorme apparato propagandistico del capitalismo imperialista riesce a camuffare la grande truffa che in misura sempre più opprimente sta schiavizzando le masse popolari del pianeta che dopo la riuscita del piano di distruzione dell’Unione Sovietica non trova praticamente opposizione concreta. Il successo delle trasformazioni economiche in atto a Cuba, insieme alle conquiste dei governi progressisti del Latinoamerica, sono l’ultimo baluardo di speranza per l’inversione delle tendenze in atto e per il recupero della coscienza di classe delle classi sfruttate che si allargano sempre più anche a quelle classi medie che fino ad oggi sono rimaste alla finestra senza preoccuparsi dei problemi che affliggono l’esistenza dei meno fortunati ma che ora interessa pure loro. Una buona notizia arriva proprio dagli Stati Uniti dove il movimento Occupa Wall Street ha messo in rete un documento dove si afferma che è necessario porre fine al capitalismo. Era ora, ma forse è già troppo tardi, decenni di assopimento possono risultare fatali.

mercoledì 25 settembre 2013

GLI ULTIMI SOLDATI DELLA GUERRA FREDDA

Come ogni sabato presso la Calle Madera del Centro Storico dell’Avana, lo scroso 14 settembre si è tenuta, nello spazio Sabato del Libro, la presentazione del libro di Fernando Morais “Gli ultimi soldati della guerra fredda” che tratta la storia dei cinque cubani imprigionati negli USA per essersi introdotti nelle strutture delle organizzazioni terroristiche anticastriste di Miami ed averne denunciato le intenzioni criminose. Gli ultimi soldati della guerra fredda è il risultato di anni di ricerche di ogni tipo e di numerosi viaggi all’Avana, Miami, Washington e Messico per documentare il meccanismo diabolico della giustizia nordamericana e la vera faccia della mafia controrivoluzionaria della Florida. Alla fine del 1998 cinque cubani vennero arrestati a Miami dagli agenti dell’FBI, la loro missione era quella di monitorare le attività di gruppi ed organizzazioni responsabili di attività terroristiche contro Cuba che hanno generato oltre tremila vittime. I cinque, Gerardo Hernàndez, Ramòn Labañino, Fernando Gonzàlez, Antonio Guerrero e Renè Gonzàlez, furono giudicati per cospirazione da una giuria imparziale in un clima di odio generato da una campagna di stampa finanziata dallo stesso Governo Usa. E’ stato accertato senza ombra di dubbio che i Cinque non hanno mai cercato di avere accesso alle informazioni segrete ma vennero messi sotto processo per avere compiuto un atto imperdonabile, quello di lottare contro il terrorismo anticubano, finanziato e protetto da tutti i Presidenti che si sono succeduti dal trionfo della Revoluciòn. Narrato in maniera appassionante con una magistrale miscela di elementi propri del reportage, la testimonianza e la novella suspence, questo libro rappresenta un testo inprescindibile per conoscere, al di là della poderosa propaganda anticubana fatta di menzogne e falsità artatamente costruite dai media occidentali, la realtà della lotta di Cuba per salvaguardare la propria indipendenza dall’aggressione del potento vicino del nord che è riuscito a piegare la resistenza di molti popoli ma che non è mai riuscito nel suo mai celato desiderio di ritornare a fare di Cuba il “patio trasero” da adibire agli affari ed al divertimento delle mafie finanziarie nordamenricane. Il teologo brasiliano Frei Betto, che fu Ministro nel primo Governo Lula, ha detto testualmente che “questo libro e la liberazione simbolica dei Cinque per la scrittura di Fernando Morais, credo che sia mezzo passo in avanti per la liberazione effettiva degli stessi”. Fernando Morais, l’autore purtroppo impossibilitato ad essere presente in questa occasione, è un giornalista, scrittore e politico brasiliano che fu deputato per otto anni e che occupò l’incarico di Segreterio alla Cultura dal 1988 al 1991 ed all’Educazione dal 1991 al 1993 dello Stato di San Paolo. Con questa pubblicazione ha ottenuto il Premio Brasilia di letteratura nella categoria Reportages nel 2012 durante la I Biennale del Libro e della Letteratura. (Nella foto Raùl Capote, famoso agente dell'Intlligence cubana, intervenuto durante la presentazione) _